FAQ – Famiglia e matrimonio

Separazione e Divorzio, Assegno di Mantenimento

L'assegno di mantenimento si può chiedere in qualsiasi momento?

Il diritto a chiedere l’assegno di mantenimento non si prescrive mai.
Se l’ex moglie o i figli hanno omesso di chiedere al padre l’assegno, potranno farlo anche dopo anni.

1) Vale come prova la registrazione vocale in cui si ammette il tradimento?

Senz’altro la registrazione del colloquio, se effettuata da colui che ha preso parte allo stesso, ha un suo valore probatorio. Certamente sarebbe opportuno assicurarsi ulteriori prove del fatto al fine di poter validamente contare su una pronuncia di addebito, individuando eventuali testimoni (persone che possano aver visto i due in atteggiamenti intimi) e documentando la sussistenza della relazione anche, se del caso, tramite l’intervento di un’agenzia investigativa.

Casa affidata ad Ex moglie, è possibile vendere l'immobile?

La moglie ha diritto a stare nella casa fino a che il figlio con lei convivente non sia economicamente indipendente, anche se maggiorenne. L’istituto è previsto nell’interesse prevalente del figlio.

Dopo la separazione il coniuge rimane erede legittimo?

Per effetto della separazione, sempre che non sia intervenuta anche la pronuncia di addebito, il coniuge non perde la qualifica di erede legittimo

Ex marito va in pensione, è possibile ottenere una parte del TFR?

L’ex coniuge, dopo il divorzio, ha diritto ad una quota del TFR solo se:

  • Non è passato a nuove nozze
  • Era già titolare di assegno divorzile (non equiparabile all’assegno una tantum)
  • La domanda di indennità è presentata dopo il passaggio in giudicato della sentenza di divorzio (ma su questo punto ci sono anche opinioni diverse della Giurisprudenza, che ammettono anche la domanda proposta antecedentemente).

La percentuale cui il coniuge ha diritto è pari al 40% dell’indennità totale riferita agli anni in cui matrimonio e rapporto di lavoro hanno coinciso (esclusi, quindi, gli anni di convivenza).

Affidamento e Mantenimento Figli

E' possibile cambiare l'affidamento del figlio?

Per modificare le condizioni da Voi concordate con la separazione consensuale, può rivolgersi ad un legale ed intraprendere, con l’assistenza dello Stesso tre differenti strade:

  • per la modifica delle condizioni della separazione potrà instaurare un procedimento ai sensi dell’art. 710 c.p.c.;
  • in caso di violazioni ed inadempienze, potrà instaurare un procedimento ai sensi dell’art. 709 c.p.c.
  • in ultimo, potrebbe procedere a richiedere il divorzio, nel corso del quale, potrà avanzare le richieste che ritiene necessarie.

Può un figlio minorenne decidere di non vedere più il padre?

Qualora il figlio minorenne non “voglia” vedere il padre e la madre non si attivi assolutamente per coltivare, nello stesso, il sano desiderio di avere un rapporto equilibrato con l’ex coniuge, sussiste comunque il suo diritto di quest’ultimo a vederlo, ad essere informato sulla sua vita e sulla sua salute e non solo a contribuire economicamente.

Tutto questo, anche se di fatto causa un grave danno morale immediato al padre, è visto dal nostro ordinamento giuridico non solo come una lesione dei suoi diritti ma anche come una violazione del diritto del minore a ricevere un’educazione, un’istruzione ed un affetto da entrambi i genitori, come postula il neointrodotto art. 315 bis del nostro codice civile.

Padre può corrispondere l'assegno di mantenimento direttamente sul conto corrente del figlio?

Non c’è nessun problema: il padre potrà effettuare il bonifico (o consegnare l’assegno) direttamente alla figlia minore.

Assegno di mantenimento, può variare dalla fase di separazione a quella di divorzio?

Nel caso di divorzio giudiziale, c’è la sentenza di separazione giudiziale (o l’omologa del decreto di separazione consensuale) che definisce tutte le questioni relative all’affidamento dei figli, al mantenimento dei figli minori o maggiorenni non economicamente indipendenti, all’assegnazione della casa, agli eventuali alimenti all’ex coniuge ed a tutte le singole questioni patrimoniali di ciascuna fattispecie concreta.

Se per gli ex coniugi le condizioni vanno bene, essi possono procedere ad un divorzio consensuale e la sentenza verrà confermata dal Giudice, purché sia rispettato l’interesse dei figli

Se, invece, le condizioni non sono più attuabili, per il decorso del tempo o per una modifica nella situazione reale o economica di uno degli ex coniugi, ciascuno può chiedere, attraverso il Suo Avvocato e mediante ricorso per divorzio giudiziale, che vengano riviste le sopracitate statuizioni. Il Giudice, quindi, valuterà i nuovi fatti o le nuove situazioni prospettategli e, alla luce delle effettive condizioni economiche, patrimoniali e reddituali delle parti, del tenore di vita tenuto sino a quel momento dal nucleo familiare, delle eventuali esigenze dei figli, in relazione all’età, allo stato di salute o ad altre particolari situazioni, si pronuncerà in merito a tutti i punti, nell’interesse superiore dei figli.

Come vanno divise le spese straordinarie del figlio tra ex coniugi?

Le spese ordinarie spettano per il 50% a ciascun coniuge senza previo accordo e senza giustificativi delle stesse da provare da parte di chi le ha sostenute per ottenere il rimborso della metà; quelle straordinarie vanno concordate prima tra gli ex coniugi e giustificate a posteriori per il rimborso della metà, da parte di chi le ha sostenute.

Ricorsi per Interdizione – Amministratori Di Sostegno (soggetti incapaci)

Cosa è l’amministratore di sostegno? A che serve?

L’amministratore di sostegno è una persona nominata dal giudice tutelare per le persone che, a causa di un’infermità o di una menomazione fisica o psichica (anche parziale, temporanea e non grave) o anche per motivi di età e di solitudine (sociale o familiare), si trovano nell’impossibilità o anche solo in difficoltà nel provvedere da soli ai propri interessi, personali e patrimoniali.
In linea di massima, persone che possono ottenere la nomina di un AdS sono tutte quelle prive, in tutto in parte, di autonomia nello svolgimento delle funzioni della vita quotidiana (es. disabili, anziani, prodighi, alcolisti, tossicodipendenti, persone detenute, malati allettati o terminali, ludopati).
Ciascuno può indicare per il caso di futura necessità una persona quale proprio amministratore di sostegno, ossia in previsione di una propria eventuale futura incapacità.

Chi può chiedere l’Amministrazione di Sostegno?

Lo stesso beneficiario, il coniuge, la persona stabilmente convivente, i parenti entro il 4° grado e gli affini entro il 2° grado, il tutore, il curatore, il pubblico ministero ed i servizi sanitari e sociali pubblici e privati.

Si può chiedere la nomina urgente di amministratore di sostegno?

Si, facendo presente nel ricorso il motivo dell’urgenza e, se possibile, allegando documentazione. Il giudice tutelare potrà nominare, prima del decreto conclusivo e per il compimento dell’attività urgente, un amministratore di sostegno provvisorio.

Quali atti possono essere compiuti dall’Ads in autonomia e quali devono atti essere autorizzati dal giudice tutelare?

Il decreto di nomina generalmente precisa quali atti possono essere compiuti dall’AdS in nome e per conto del beneficiario o insieme al beneficiario.
Per gli atti non previsti nel decreto, il beneficiario è libero di agire in autonomia.
In linea di massima, l’AdS può compiere senza specifica autorizzazione del giudice tutelare gli atti di “ordinaria amministrazione” (riscossione somme, pagamento utenze o rette), mentre dovrà chiedere autorizzazione al giudice tutelare – presentando istanza in Cancelleria – per il compimento di atti di straordinaria amministrazione, ossia quelli aventi incidenza sul patrimonio dell’amministrato (es. vendita immobili, costituzione ipoteca, per agire/resistere in giudizio).

Come si conclude il procedimento?

Il procedimento si conclude con un decreto, con cui il giudice tutelare – se ritiene che vi sono i presupposti – nomina un amministratore di sostegno, specificando: la durata dell’incarico, l’oggetto (ossia gli atti che l’amministratore di sostegno ha il potere di compiere in nome e per conto del beneficiario), gli atti che il beneficiario può compiere da solo, i limiti di spesa e le somme di cui il beneficiario può avere disponibilità, la periodicità con cui l’amministratore di sostegno deve relazionare al giudice delle condizioni di vista e di salute del beneficiario e depositare il rendiconto della gestione.

Quali sono i presupposti per ottenere l'interdizione giudiziale?

Si può avere l’interdizione giudiziale se ci sono i seguenti presupposti: minore emancipato o un maggiorenne non autosufficiente. stato di infermità mentale acclarata permanente. incapacità a provvedere in modo autonomo ai propri interessi.

Quali sono le conseguenze dell interdizione giudiziale?

Effetto della sentenza d’interdizione è la perdita della capacità d’agire, e quindi una incapacità generale per tutti i negozi di natura patrimoniale o familiare.

Ricorsi per autorizzazioni del giudice tutelare

Cosa si può chiedere al giudice tutelare?

Il giudice tutelare è un giudice di tribunale al quale vengono affidate le controversie in materia di volontaria giurisdizione, che hanno ad oggetto questioni riguardanti persone incapaci o non del tutto capaci di provvedere da sole ai propri interessi.

Quando è necessaria l'autorizzazione del giudice tutelare?

È necessaria la preventiva autorizzazione del Giudice tutelare per tutti gli atti che eccedono l’ordinaria amministrazione, come per esempio: alienare, ipotecare o dare in pegno i beni pervenuti al figlio minore o all’incapace a qualsiasi titolo, anche a causa di morte. accettare o rinunciare a eredità o legati.

Patti di convivenza

E' possibile regolare i rapporti economici e patrimoniali fra due persone conviventi ma non legate da rapporti di coniugio o di unione civile?

Sì, è possibile rivolgersi ad un Notaio che rediga e autentichi un vero e proprio contratto di convivenza sia per coppie eteroaffettive che omoaffettive non legate da vincolo di coniugio o di unione civile. Tale contratto è stato espressamente previsto dall’art. 1 comma 50 della Legge 20 maggio 2016 n. 76 che disciplina le convivenze registrate, ma può essere applicato analogicamente anche alle convivenze non registrate, cioè di fatto.

Che differenza c'è fra le convivenze di fatto e quelle registrate ?

La legge 76/2016 prevede per le sole convivenze registrate alcuni diritti, ossia: – ciascun convivente può designare l’altro quale suo rappresentante con poteri pieni o limitati in caso di malattia che comporti incapacità di intendere e di volere, per le decisioni in materia di salute; ed in caso di morte, per quanto riguarda la donazione di organi, le modalità di trattamento del corpo e le celebrazioni funerarie; – in caso di morte del proprietario della casa di comune residenza, il convivente superstite ha diritto di continuare ad abitare nella stessa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre cinque anni; – in caso di morte del convivente che ha firmato il contratto di locazione o di suo recesso dal contratto di locazione della casa di comune residenza, l’altro convivente ha facoltà di succedergli nel contratto; – in caso di cessazione della convivenza, il giudice stabilisce il diritto di un convivente di ricevere dall’altro convivente gli alimenti, qualora versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento. In tali casi gli alimenti sono assegnati per un periodo proporzionale alla durata della convivenza; – il Notaio che ha ricevuto il contratto di convivenza deve inoltre provvedere entro dieci giorni a trasmetterne copia al Comune di residenza ove è registrata la convivenza.

COSA POSSO CONVENIRE I CONVIVENTI?

I conviventi possono convenire: – di provvedere ai bisogni del loro rapporto, e quindi alle spese comuni, in proporzione ad un percentuale o per quote fisse; – che nel caso uno dei conviventi, per cause indipendenti dalla sua volontà, venga a trovarsi privo di redditi, o con redditi inferiori per una percentuale da definire rispetto a quelli di cui è titolare al momento della sottoscrizione del contratto di convivenza, le spese comuni saranno ad esclusivo carico dell’altro convivente per un periodo non superiore a …; – di attribuire un uguale valore patrimoniale alla prestazione strettamente economica e di mantenimento da eseguirsi da parte di uno dei conviventi, e a quella di collaborazione e di sostegno organizzativo offerta dall’altro convivente attualmente non occupato, che quindi provvederà ai medesimi bisogni prestando la propria collaborazione, anche domestica, e ponendo in essere qualsiasi attività finalizzata all’organizzazione e al rafforzamento del vincolo solidaristico; – che alla cessazione della convivenza per causa diversa dalla morte di uno dei conviventi, il convivente X corrisponderà al convivente Y in ragione della sua collaborazione alla vita comune una somma pari al … per cento del suo reddito imponibile, risultante dall’ultima dichiarazione dei redditi presentata prima della cessazione della convivenza, per ogni anno e frazione di anno di durata della convivenza stessa; – che nel caso di cessazione della convivenza per decisione unilaterale di un convivente, l’altro convivente conserverà il diritto di servirsi dell’abitazione per almeno … mesi dal momento della cessazione della convivenza stessa; – di redigere un inventario, sottoscritto da entrambi i conviventi, dei mobili, arredi, autoveicoli ecc. acquistati da ciascuno separatamente prima dell’inizio della convivenza o durante la convivenza, con indicazione eventualmente dell’apporto economico dell’altro convivente nell’acquisto di tali beni; – stabilire le condizioni di cessazione della convivenza, oltre che per morte di uno dei conviventi, per mutuo dissenso o per recesso unilaterale o per abbandono dell’abitazione comune per un tempo non inferiore a … giorni consecutivi, salvo che per ragioni professionali, di salute, di studio o di famiglia; – stabilire gli obblighi conseguenti alla cessazione della convivenza fra cui ad esempio l’obbligo di uno degli ex conviventi di cedere all’altro la quota di un mezzo di proprietà della casa in cui si è svolta la vita in comune.

Riconoscimento dei Figli e disconoscimento di Paternità

Quale è la differenza tra figli legittimi e figli naturali?

I figli legittimi sono nati dal matrimonio, quelli naturali da un rapporto non ufficializzato, ma riconosciuti da uno o da entrambi i genitori.

Ci sono differenze di trattamento tra figli legittimi e figli naturali?

No, nessuna. È previsto solo un diverso modo di partecipare alla divisione ereditaria.

Chi, ed entro quali termini può chiedere il disconoscimento di paternità?

Il padre legittimo, entro 1 anno dalla nascita. Se era lontano o non era a conoscenza della nascita, può fare la richiesta entro 1 anno dal giorno in cui ne ha avuto notizia. Il disconoscimento può anche essere chiesto dalla madre, entro 6 mesi dalla nascita o dal figlio stesso, entro 1 anno dal compimento della maggiore età o dal momento in cui viene a conoscenza di avere un altro padre, oppure da un curatore speciale nominato dal giudice.

Quali prove sono necessarie per dimostrare o per negare la paternità o la maternità?

Le prove possono essere date con ogni mezzo: testimonianze, documentazioni, analisi del sangue o di altri tessuti del corpo umano.

Quale è l'efficacia della "prova del DNA"?

L’analisi del DNA dei genitori e del figlio, e quindi il successivo confronto di alcuni elementi, consente di affermare con certezza quasi assoluta un rapporto di filiazione.

Quale è il trattamento giuridico dei figli nati fuori del matrimonio?

Essi sono considerati figli naturali se vengono riconosciuti da almeno uno dei genitori; se non sono riconosciuti vengono dichiarati in stato di adottabilità e affidati ad un istituto o a terze persone.

Quando si può effettuare il riconoscimento di figli naturali?

Non ci sono limiti al riconoscimento, salvo che si tratti di figli nati da una relazione incestuosa. Per riconoscere un figlio occorre avere compiuto i 16 anni.

Come si può riconoscere un figlio naturale?

Il padre e la madre possono riconoscere il figlio con lo stesso atto o separatamente, in momenti e con atti diversi, sia quando si denuncia la nascita del bambino sia con apposita dichiarazione durante la gravidanza o successivamente al parto. Il riconoscimento deve essere dichiarato all’Ufficiale di stato civile o al Giudice tutelare, oppure essere contenuto in un atto pubblico redatto da un notaio, o infine inserito in un testamento. Una volta fatto, il riconoscimento è irrevocabile.

Comunione dei beni, Separazione dei beni

Comunione vs separazione dei beni: cosa vogliono dire?

  • Con la comunione dei beni ciò che viene acquistato dopo il matrimonio è di proprietà di entrambi i partner, al 50%.
  • Con la separazione dei beni, invece, i coniugi mantengono la l’esclusiva proprietà dei beni, sia di quelli acquistati prima del matrimonio sia quelli comprati successivamente.

Come funziona la comunione dei beni in caso di separazione?

La norma lascia chiaramente intendere, quindi, che la comunione dei beni cessa non già con il divorzio ma sin dal momento della separazione, sia che questa avvenga in forma giudiziale (ossia con una regolare causa) che consensuale (ossia con un accordo dei coniugi).

Perché conviene fare la separazione dei beni?

La separazione dei beni semplifica anche un’eventuale procedura di divorzio, in quanto non sarà necessario dover passare in rassegna tutti i beni posseduti in contitolarità per la divisione equa fra i coniugi, permettendo così di evitare inulti e dispendiose contese.

Chi eredità la casa acquistata prima del matrimonio in separazione dei beni?

Secondo la legge dopo la morte del legittimo proprietario i beni o diritti di godimento acquisiti prima del matrimonio si trasmettono a tutti gli eredi; invece se i coniugi hanno scelto la comunione legale, alla morte di uno dei due i beni acquistati dopo il matrimonio spettano di diritto al 50% al coniuge superstite.

Quali sono i vantaggi della comunione dei beni?

La comunione dei beni ha alcuni vantaggi. Un simile regime patrimoniale si instaura in automatico e senza bisogno di particolari formalità. Realizza al meglio lo spirito della famiglia, della condivisione e collaborazione reciproca. In particolare se la moglie fa la casalinga.

Fondo patrimoniale

Chi può stipulare il fondo patrimoniale?

Ciascuno o ambedue i coniugi, per atto pubblico, o un terzo, anche per testamento, possono costituire un fondo patrimoniale, destinando determinati beni, immobili o mobili iscritti in pubblici registri o titoli di credito, a far fronte ai bisogni della famiglia.

Quando il fondo patrimoniale e inattaccabile?

Il fondo patrimoniale costituito tra coniugi è considerato “inattaccabile” da eventuali creditori a partire dall’anno successivo la sua costituzione. Il codice civile prevede che tale istituto sia pignorabile entro il suo primo anno di vita.

Come blindare il patrimonio di famiglia?

Il fondo patrimoniale è sicuramente il primo e più noto strumento utile per blindare il patrimonio familiare. Si tratta di una vera e propria cassaforte giuridica in cui far confluire determinati beni del proprio patrimonio al fine di sottrarlo ai debitori.

Quando il fondo patrimoniale non tutela?

Il fondo patrimoniale non tutela dai debiti anteriori alla costituzione del fondo stesso. Viene in rilievo la data in cui è nata l’obbligazione e non quando si è verificata la morosità.

Denunce, querele, esposti, diffide, richieste di ordinanze di allontanamento

Cos’è l’ordinanza di allontanamento?

Con il provvedimento che dispone l’allontanamento il giudice prescrive all’imputato di lasciare immediatamente la casa familiare, ovvero di non farvi rientro, e di non accedervi senza l’autorizzazione del giudice che procede. L’eventuale autorizzazione può prescrivere determinate modalità di visita.

Quando si può chiedere l’allontanamento?

L’allontanamento dalla casa familiare viene adottato dal giudice in tutti quei casi in cui sia necessario tutelare l’incolumità dei familiari di una persona indagata o imputata per un determinato reato.

Come chiedere l’allontanamento di una persona?

Può rivolgersi con ricorso al tribunale del luogo di propria residenza o domicilio e chiedere un provvedimento di allontanamento della persona che ha posto in essere la condotta violenta.

Come si chiama il divieto di avvicinarsi a una persona?

In cosa consiste il divieto di avvicinamento? Con questo provvedimento il giudice prescrive all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa e di mantenere una certa distanza da tali luoghi o dalla persona offesa.

Come ottenere una diffida?

La diffida è un atto con cui una parte invita un’altra a compiere o a non compiere una determinata azione o ad astenersi da un comportamento lesivo. La diffida può essere inviata per mezzo di varie forme, ma, il più delle volte, ci si avvale della posta raccomandata con ricevuta di ritorno.

Che differenza c'è tra diffida e querela?

La diffida è un atto diverso dalla querela: ecco come funziona e come comportarsi in caso di ricezione. La diffida è un atto privato che viene redatto e inviato dall’avvocato di un cliente e non ha nessun legame diretto con il tribunale, a differenza di altri atti giuridici.

Ricorso per abusi familiari

Che cosa sono gli ordini di protezione contro gli abusi familiari?

Gli ordini di protezione contro gli abusi familiari sono quei provvedimenti che il giudice, su istanza di parte, adotta con decreto per ordinare la cessazione della condotta del coniuge o di altro convivente che sia “causa di grave pregiudizio all’integrità fisica o morale ovvero alla libertà dell’altro coniuge o convivente” (art. 342 bis c.c.).

Come si deposita un Ricorso per l'adozione di ordini di protezione contro gli abusi familiari?

E’ la domanda con cui uno dei coniugi (o il convivente oppure un altro familiare) chiede al Tribunale, tramite l’avvocato, un provvedimento per ottenere una misura di protezione (cessazione della condotta illegittima, allontanamento del responsabile, Intervento dei servizi sociali, pagamento i un assegno periodico) qualora l’altro coniuge (o il convivente oppure un altro membro della famiglia) tenga un comportamento pregiudizievole. La misura ha una durata massima di un anno, ulteriormente prorogabile per gravi motivi.