La divisione ereditaria rappresenta l’atto attraverso il quale gli eredi acquisiscono la proprietà esclusiva della porzione dell’eredità loro spettante, in proporzione alla quota stabilita dal testatore, o nell’ipotesi di se alla morte di una persona, l’eredità spetta pro quota a più persone e queste l’accettano, si costituisce una comunione ereditaria: i singoli eredi diventano quindi, tra loro, “coeredi”.
La comunione ereditaria ha per oggetto tutti i beni che costituivano il patrimonio del defunto, con esclusione dei beni eventualmente attribuiti da quest’ultimo a uno o più soggetti determinati, detti “legati”. La comunione ereditaria si scioglie con la divisione dell’eredità: essa consiste nel frazionamento fra i diversi eredi, in proporzione alla quota spettante a ciascuno di essi, di tutti i beni facenti parte della comunione. In tal modo, ogni singolo erede diventa unico proprietario esclusivo dei beni che gli vengono assegnati.
La divisione ereditaria può essere fatta in tre modi:
In quest’ultimo caso, lo scioglimento della comunione avviene per ordine del Giudice, su domanda di uno qualsiasi dei coeredi.
L’art. 713 primo comma c.c. attribuisce a ciascun coerede il diritto di chiedere in qualsiasi momento la divisione, provocando così lo scioglimento della comunione ereditaria: si tratta di un diritto potestativo ed imprescrittibile.
Le spese relative al giudizio di divisione vanno poste a carico della massa allorché attengano al comune interesse dei condividenti, mentre valgono i principi generali sulla soccombenza per quelle spese che, secondo il prudente apprezzamento del giudice di merito, siano conseguenza di eccessive pretese o di inutili resistenze, cioè dell’ingiustificato comportamento della parte.
La dichiarazione di successione deve essere presentata dagli eredi, dai chiamati all’eredità, dai legatari entro 12 mesi dalla data di apertura della successione, che coincide, generalmente, con la data del decesso del contribuente.
La dichiarazione può essere presentata direttamente dal contribuente
Nella successione legittima l’eredità si devolve al coniuge, ai discendenti, agli ascendenti legittimi, ai collaterali, agli altri parenti e allo Stato nell’ordine e secondo le regole stabilite dalla legge.
La legge riserva una quota di eredità e altri diritti al coniuge e ai figli o, se questi non vogliono o non possono, ai loro discendenti.
Il testamento è un atto con il quale taluno dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze o di parte di esse.
Si, il testamento è un atto revocabile e sempre modificabile.
Si, tuttavia in caso di disposizioni in contrasto tra loro prevalgono quelle del testamento redatto per ultimo.
Si dovrà rivolgere ad un Giudice, lamentando la lesione della legittima. Otterrà in tal modo la restituzione dei beni che le disposizioni del testamento o le donazioni hanno assegnato ad altri, in violazione della quota di riserva, e ciò con la cosiddetta azione di riduzione.
L’eredità si acquista con l’accettazione.
L’eredità può essere accettata puramente e semplicemente o col beneficio d’inventario. L’accettazione pura e semplice può essere espressa o tacita. L’accettazione è espressa quando in un atto pubblico o in una scrittura privata, il chiamato all’eredità ha dichiarato di accettarla oppure ha assunto il titolo di erede. L’accettazione è tacita quando il chiamato all’eredità compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede. L’accettazione col beneficio d’inventario si fa mediante dichiarazione, ricevuta da un notaio o dal cancelliere del tribunale del circondario in cui si è aperta la successione, e viene inserita nel registro delle successioni conservato nello stesso tribunale. La dichiarazione deve essere preceduta o seguita dall’inventario, nelle forme prescritte dal codice di procedura civile.
L’accettazione è tacita quando il chiamato all’eredità compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede.
Il diritto di accettare l’eredità si prescrive in dieci anni. Il termine decorre dal giorno della morte del c.d. de cuius (colui della cui eredità si tratta), tuttavia, chiunque vi ha interesse può chiedere che l’Autorità giudiziaria fissi un termine entro il quale il chiamato/designato dichiari se accetta o rinunzia all’eredità. L’effetto dell’accettazione risale comunque al momento nel quale si è aperta la successione.
La donazione, la vendita o la cessione, che il chiamato all’eredità faccia dei suoi diritti di successione a un estraneo o a tutti gli altri chiamati o ad alcuno di questi, importa accettazione dell’eredità.
La rinunzia all’eredità deve farsi con dichiarazione, ricevuta da un notaio o dal cancelliere del tribunale del circondario in cui si è aperta la successione, e inserita nel registro delle successioni. È nulla la rinunzia fatta sotto condizione o a termine o solo per parte. La rinunzia ai diritti di successione, qualora sia fatta verso corrispettivo o a favore di alcuni soltanto dei chiamati, importa accettazione.
Chi rinunzia all’eredità è considerato come se non vi fosse mai stato chiamato. Il rinunziante può tuttavia ritenere la donazione o domandare il legato a lui fatto sino alla concorrenza della porzione disponibile, salve le disposizioni degli articoli 551 e 552. Fino a che il diritto di accettare l’eredità non è prescritto contro i chiamati che vi hanno rinunziato, questi possono sempre accettarla, se non è già stata acquistata da altro dei chiamati e senza pregiudizio delle ragioni acquistate da terzi sopra i beni dell’eredità.
L’effetto dell’accettazione con beneficio d’inventario consiste nel tener distinto il patrimonio del defunto da quello dell’erede, nel senso che i debiti dell’eredità potranno essere pagati solo con questa e non anche con il patrimonio personale dell’erede.
L’accettazione con beneficio d’inventario fatta da uno dei chiamati giova a tutti gli altri, anche se l’inventario è compiuto da un chiamato diverso da quello che ha fatto la dichiarazione.
Le spese dell’apposizione dei sigilli, dell’inventario e di ogni altro atto dipendente dall’accettazione con beneficio d’inventario sono a carico dell’eredità.
Si, inoltre, sono capaci di succedere tutti coloro che sono nati o concepiti al tempo dell’apertura della successione.
Non si possono accettare le eredità devolute ai minori e agli interdetti, se non col beneficio d’inventario; i minori emancipati e gli inabilitati non possono accettare le eredità, se non col beneficio d’inventario, osservate le disposizioni di legge.
L’accettazione delle eredità devolute alle persone giuridiche o ad associazioni, fondazioni ed enti non riconosciuti non può farsi che col beneficio d’inventario. Questa disposizione non si applica invece alle società.
Le disposizioni testamentarie non possono pregiudicare i diritti o quota di eredità che la legge riserva al coniuge e ai figli o ai discendenti, c.d. legittimari.
L’azione di riduzione viene richiesta da un erede legittimo che intende ripristinare la propria quota successoria, lesa da particolari disposizioni nel testamento o da donazioni effettuate dal de cuius.
L’azione deve essere esperita entro 10 anni dalla morte del donante o del testatore: quindi se entro 10 anni dalla morte del donante o del testatore non è stata trascritta la domanda di riduzione l’acquirente potrà acquistare l’immobile senza alcun rischio.
Vi è lesione della quota di legittima ogni qualvolta il testatore non riconosce appieno i diritti dei legittimari e pertanto sarebbe consentito l’accordo di reintegrazione della legittima in ogni caso di lesione di tale quota, che può esserci sia nel caso in cui il legittimario sia stato istituito erede di una quota inferiore rispetto a quella di legittima, sia nel caso in cui il legittimario sia stato totalmente escluso dalla successione o diseredato dal testamento della persona defunta. Per accertare che vi sia lesione della quota di legittima, si deve avere in considerazione non soltanto il patrimonio lasciato dal defunto ma anche i debiti ereditari, che devono essere detratti, ed il donatum ossia dovrà tenersi in considerazione anche delle donazioni che il defunto abbia eventualmente fatto mentre era in vita.
Il contratto di reintegrazione della legittima è infatti un accordo giuridico, un vero e proprio contratto scritto che viene stipulato attraverso la redazione di atto pubblico dal Notaio, per riconoscere la quota di legittima che per legge spetta al legittimario ma che non è stata rispettata nel testamento.
L’accordo di reintegrazione della legittima ha degli effetti molto peculiari, in particolare:
L’ordinamento concede la possibilità di far valere in giudizio la nullità o l’annullabilità del testamento a chiunque vi abbia interesse. Legittimati ad impugnare l’atto di ultima volontà sono, in buona sostanza, coloro che possano vantare un diritto successorio in dipendenza del venir meno del testamento contestato.
Il testamento sarà nullo, se olografo, per mancanza dell’autografia e della sottoscrizione. Se pubblico per mancanza della redazione per iscritto da parte del notaio, delle dichiarazioni del testatore o della sottoscrizione del testatore o del notaio.
Il testamento è nullo quando presenta anomalie gravi, esso non produce alcun effetto ed è come se non fosse mai venuto ad esistenza. E’ invece annullabile quando presenta anomalie meno gravi rispetto alla nullità e produce gli effetti a cui era diretto, ma questi possono venire eliminati con l’azione di nullità.
L’azione di impugnazione di un testamento per nullità non è soggetta a limiti temporali, mentre l’azione di annullamento va esercitata entro il termine di cinque anni dal momento in cui viene data lettura del testamento da parte del notaio ai chiamati all’eredità stessa.
Il testamento potrà essere impugnato solo successivamente alla morte, mai prima. Il testamento si impugna con atto di citazione e competente a decidere è il Tribunale in composizione collegiale. Competente territorialmente a decidere è il Tribunale del luogo ove la successione si è aperta.
Basta che manchino alcuni fattori essenziali che lo rendono nullo, quali la mancanza della data di scrittura del testamento o il fatto che sia stato redatto da una terza persona.
La collazione è l’atto con il quale determinati soggetti, che hanno accettato l’eredità, conferiscono alla massa ereditaria le donazioni ricevute in vita dal defunto.
Le donazioni sono soggette alla collazione in sede di apertura della successione ereditaria e prima che avvenga la divisione del patrimonio ereditario come stabilito all’articolo 737 del codice civile.
La donazione può essere revocata nelle seguenti due ipotesi:
La donazione è un contratto e, in quanto tale, si può sciogliere per mutuo dissenso ai sensi dell’art. 1372 Codice civile. La revoca della donazione per mutuo dissenso si ha quando il donante ed il donatario si accordano mediante un contratto di mutuo dissenso.
L’impugnazione di donazione prima della morte del donante non è possibile: l’azione legale può essere intrapresa solo dopo il suo decesso ed entro il limite di dieci anni.
Una donazione è nulla quando:
La donazione rimuneratoria e la donazione obnuziale (cioè, fatta in riguardo di un determinato matrimonio) sono irrevocabili.
Secondo la legge, queste due speciali donazioni non sono soggette a revoca perché il donante è mosso da un particolare spirito nel momento in cui decide di privarsi di qualcosa a favore dei beneficiari. Per la precisione: